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United States Oil Fund (USO) TOPIC:Oil&Gas

Investire sul petrolio non è certo una novità per la maggior parte degli investitori e tra le modalità più diffuse per farlo vi sono senza dubbio gli Exchange Traded Funds (ETF), le cui peculiarità sono: avere come unico obiettivo quello di replicare l’andamento di un indice ed essere, pertanto, oggetto di una c.d. ‘’gestione passiva’’; avere bassi costi di gestione; poter essere scambiati in Borsa come titoli azionari.

La realtà degli ETF che consentono di investire sul petrolio è ampia e diversificata:

solamente su BorsaItaliana sono presenti all’incirca 30 ETF che permettono di acquisire posizioni sul greggio. Il più noto ETF petrolifero però, non è scambiato su Borsa Italiana e, inoltre, per la sua capacità di influenzare circa un quarto degli scambi riguardanti il West Texas Intermediate (WTI), è soprannominato ‘’ETF Monstre’’: si tratta dell’ USO (United States Oil Fund), quotato sulla Borsa di New York, che è una commoditypool con quote azionarie di società in accomandita semplice negoziate sul NYSEArca. Per comprendere più concretamente il suo spessore nel mercato petrolifero, basti pensare al fatto che si stima che questo registri un valore medio di volume di trading giornaliero pari a 330 milioni di dollari.

L’ ETF USO fu emesso per la prima volta il 10 aprile 2006 dalla United States Commodity Fund (USCF) ed ha come obiettivo quello di fornire risultati di investimento giornalieri corrispondenti alle variazioni percentuali del prezzo spot del greggio WTI che si riflettono, a loro volta, in variazioni percentuali del Net Asset Value (nav) delle quote azionarie del fondo. Il benchmark di cui questo ETF replica l’andamento, dunque, è proprio il WTI.

Le variazioni giornaliere sono misurate dalla variazione giornaliera del prezzo dei near-month futures sul WTI crude oil scambiati sul NYMEX, infatti l#’investment strategy di tale fondo è proprio detenere contratti futures a breve termine su questa tipologia di commodity e questo è anche il motivo per il quale è principale fonte di attrazione per gli investitori a breve termine, in quanto sottoscriverne una quota potrebbe risultare sfavorevole per coloro i quali intendono investire in un orizzonte temporale più vasto, perché potrebbero perdere eventuali benefici dell’effetto contango.

Il verificarsi di tale effetto è, non a caso, strettamente collegato al fatto che gli ETF non abbiano una scadenza e, quindi, per evitare la liquidazione dell’investimento è necessario rinnovare il contratto future corrente prima che giunga a scadenza e reinvestire il ricavato per la sottoscrizione di un ulteriore contratto a scadenza successiva, e questo è anche il meccanismo con il quale opera lo United States Oil Fund. Tale attività di sostituzione può comportare uno rollingyield (rendimento a rotazione) positivo o negativo che può, quindi, influenzare l’investimento in una direzione o nell’altra. Quando il rendimento roll è negativo, ossia il valore del contratto future in scadenza è inferiore a quello successivo, il mercato si dice in contango. Infatti, tale scenario si verifica quando il prezzo spot è inferiore rispetto ai prezzi futuri impliciti nei corrispondenti contratti futures e tende ad agevolare gli investitori che possiedono delle posizioni corte poiché guadagneranno la differenza tra il prezzo futuro e il prezzo spot.

Sottoscrivere quote di questo ETF, come di altri fondi petroliferi, consente, dunque, di acquisire esposizioni sul petrolio attraverso l’utilizzo degli strumenti derivati e simboleggia una valida alternativa all’investimento in azioni di singole società petrolifere.

Contestualizzando il fondo nelle vicende macroeconomiche recenti, si può dire che questo sia stato e continua ad essere sicuramente un anno critico per il fondo che, in seguito alla drastica contrazione della domanda verificatasi nello scenario pandemico che ha caratterizzato gli ultimi mesi, ha subito in marzo un crollo di oltre 15% dopo l’annuncio di grandi cambiamenti strutturali. In sostanza, ai vertici del fondo era stato deciso di sbarazzarsi (tramite la vendita) di tutti i futures su WTI con scadenza a maggio, e di sostituirli con contratti di più lungo termine per arrivare ad avere una composizione di portafoglio che vedeva maggiori futures con scadenza più lontana. L’elevata offerta di quote, inoltre, ha fatto sì che il prezzo del fondo diminuisse fino al 37% in aprile, portandolo a quotare 2.90 dollari. Con un prezzo così basso, i vertici dell’ETF in questione hanno annunciato al mercato l’implementazione di un’operazione ben precisa, ovvero una “reverse share split one for eight”: sostanzialmente, la decisione di “fondere” 8 unità di USO in una sola unità, creando un minor numero di unità disponibili a mercato, ma contraddistinte da valore più elevato.

Ad oggi, data la graduale ripresa dalla situazione di lockdown, e nonostante si stia assistendo ad un crollo della produzione, dovuto proprio all’eccesso di offerta di greggio registratosi negli scorsi mesi, le quotazioni dell’ETF USO sono in rialzo e momentaneamente i tragici mesi iniziali del 2020 sembrano lontani.

Fonti: Investopedia; il Sole 24 Ore, bloomberg.com

Fonte immagine: barrons.com


Autore: Giulia Marangelli, Asset Management, Director of Rebalancing Desk

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