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Una ripresa economica trainata dall’export alimentare TOPIC: FOOD & BEVERAGE
Il Bel paese è conosciuto a livello mondiale per molte ragioni. Tra le più famose vi sono la moda italiana, il patrimonio artistico-culturale e, non meno importante, la cucina italiana.
Mentre ancora non è certo terminata la conta dei danni che l’emergenza Covid-19 ha provocato all’economia italiana e mondiale, arrivano dal settore food&beverage i primi segnali positivi, ottimo presupposto in vista di un percorso di ripresa.
Infatti, i primi segnali di ripresa vengono proprio dal comparto agroalimentare che se da un lato ha visto le imprese lavorare anche nel periodo più duro del lockdown, dall’altro, non ha per questo evitato danni. Basti pensare alle pesantissime ripercussioni che le imprese agroalimentari hanno subito per la chiusura della ristorazione nazionale e internazionale.
Nonostante tutto quindi giungono segnali positivi e vengono da due alfieri del made in Italy (#alimentare) nel mondo: il vino e la pasta.
La pasta #italiana, come certificato nei giorni scorsi dai dati Istat relativi al primo trimestre dell’anno, ha proseguito il trend di crescita che già nel 2019 l’aveva portata al record di #esportazioni con 2,6 miliardi di euro e a marzo ha fatto registrare un balzo delle vendite all’estero di ben il 21% con 97mila tonnellate esportate in più, 72mila delle quali sui mercati europei.
Per il settore vitivinicolo, contro ogni aspettativa, il risultato (ancora parziale) sembra essere positivo: sui mercati extra-Ue nel primo quadrimestre del 2020 si registra un +5,1%. Una performance significativa anche perché abbraccia i due mesi clou del lockdown (marzo e aprile) caratterizzati dalla chiusura di alberghi e ristoranti in molti paesi del mondo.
Cifre positive in gran parte derivanti dalle vendite negli Usa con un primo bimestre in cui l’export italiano era volato a +40% con gli importatori americani che hanno accelerato gli acquisti e le scorte per il timore che potessero essere imposti dazi sulle etichette made in Italy. Il trend positivo dell’export, inoltre, è sostenuto dall’ottimo +7,1% registrato in Canada sempre più nel novero dei principali clienti del vino del Belpaese. Tali valori positivi figurano una sostanziale tenuta del settore se messa a confronto con il profondo rosso registrato dai vini francesi (che nel complesso hanno perso il 10,1%). Ciò significa che l’Italia, in questo frangente di crisi, ha rafforzato le proprie quote di mercato.
In particolare, la tenuta delle etichette italiane rispetto a quelle francesi (negli Usa) è da ricercare in una maggior presenza delle prime nella #Gdo statunitense rispetto alle seconde che sono invece più esposte nella ristorazione in gran parte ancora bloccata. E anche al miglior rapporto qualità-prezzo che ha sempre pagato nei periodi di ristrettezze economiche come nella crisi del 2008-09.
L’export di pasta intanto continua a crescere con l’Istat che ha registrato nel primo trimestre dell’anno una crescita superiore al 20% dopo il record del 2019.
Nei mesi dell’emergenza la filiera ha risposto al boom della domanda interna (fino al 40% per la pasta tra marzo e aprile) garantendo costantemente le forniture nonostante le difficoltà
logistiche – a partire dal rallentamento dei trasporti su gomma – e un aumento complessivo dei costi di produzione. Una crescita dell’export presuppone anche un aumento del deficit per quanto riguarda l’approvvigionamento di grano nel mercato interno. Infatti, il ricorso all’import della materia prima è cresciuto, nel periodo compreso tra luglio 2019 e febbraio 2020, del 54%.
Autore: Matteo Semprini, Asset Management, Rebalancing Junior Associate