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Prezzi degli alimenti mai così alti dal 1974. Banche Centrali chiamate ad intervenire.
Autore: Giacomo Cagnano, Content Creator.
“È umiliante. Vado a letto ancora affamata per sfamare i miei 4 figli. Fino ad un anno fa ero in grado di comprare abbastanza cibo per sostenere tutti. Ora vorrei solo piangere” dichiara Celia Matos, mamma di 4 figli a San Paolo, Brasile intervistata dal #WallStreetJournal. Le preoccupazioni di Celia non sono infondate: i #prezzi delle uova in Brasile, infatti, sono aumentati del 20% mentre quelli del pollo e dei pomodori di più del 30% secondo uno studio della Getulio Vargas Foundation. Dopo aver registrato una #crescita irrisoria negli anni precedenti alla pandemia, i paesi Latino Americani sono entrati in una fase di #stagnazione, ovvero una tossica combinazione di crescita-zero e prezzi più alti. L’aumento del prezzo degli alimentari sta causando non pochi problemi anche alle famiglie dei paesi in via di sviluppo, dal Perù alle Filippine. I governi nazionali sono ben consapevoli che questa crescita dei prezzi si stia traducendo in un aumento esponenziale della malnutrizione delle famiglie più povere già colpite dalla #pandemia. La situazione non è molto differente ad oriente dove sia l’India che la Cina sono vittime di violente manifestazioni meteorologiche che hanno distrutto molte coltivazioni provocando un conseguente aumento dei prezzi alimentari. Ecco dunque che le #banche centrali di questi paesi hanno deciso di alzare in maniera rilevante i #tassi di interesse. I governi di #Brasile e #Cile hanno annunciato il più alto rialzo dei tassi in vent’anni per contrastare l’azione inflazionistica in atto. I tassi brasiliani sono al momento al 7,75% mentre quelli cileni sono passati dallo 0,5% di Giugno al 2,75% di Ottobre. Infatti, uno dei modi più comuni utilizzati per combattere l’#inflazione è quello di alzare il prezzo del denaro emesso dalle banche centrali alle altre #banche. In questa maniera si riduce la liquidità presente sul mercato ma si rischia di azzoppare l’economia del paese stesso in quanto non sia facile reperire capitale da investire in attività industriali. Secondo i dati elaborati dal #FAO (Food & Agricolture Organization), il Food Price Index, lo strumento che monitora proprio l’andamento dei prezzi degli alimenti a livello mondiale, non non raggiungeva livelli così alti 1974 ad oggi. È dunque importante tenere sotto controllo questo #indice proprio perché nei periodi in cui l’inflazione è molto elevata il prezzo medio dello scontrino tende ad alzarsi di alcuni punti percentuali. In questo particolare momento storico, a causa della forte liquidità presente sui mercati, e dalla politica monetaria adottata dalle Banche Centrali per far fronte alle prime difficili fasi della pandemia, il livello dell’inflazione è arrivato a toccare quote considerevoli. Proprio l’altro ieri l’inflazione USA ha raggiunto livelli record salendo al 6,2%. È il punto più alto mai raggiunto dal 1990. I mercati nazionali non l’hanno presa bene: l’S&P500 ha lasciato sul terreno lo 0,82% mentre il Nasdaq ha rintracciato di 260 punti, registrando una perdita pari al 1,66%. Gli investitori ora si aspettano un rialzo dei tassi di interessi da parte della FED molto più vicino nel tempo per far fronte a questo problema. Janet #Yellen, la segretaria al #tesoro USA, ha provato a rassicurare i mercati evidenziando come negli anni ’70, per intenderci quelli dell’#iperinflazione americana <> Alcuni investitori però iniziano a ritenere che questo caro dei prezzi non sia più momentaneo e transitorio come insistono le banche centrali ma rappresenti qualcosa di duraturo. Saranno fondamentali i prossimi mesi per comprendere l’effettivo andamento della curva inflazionistica. C’è anche un altro fattore da tenere in considerazione in questa casistica particolare: proprio nel 1974 i prezzi degli alimenti erano schizzati alle stelle e l’inflazione USA era arrivata a toccare il 10-15%. In quel periodo si stava verificando un aumento del prezzo del #petrolio in maniera repentina. È dunque evidente una correlazione tra i due picchi a distanza di quasi 50 anni. Stiamo parlando di una semplice coincidenza oppure il rincaro del combustibile che si utilizza per trasportare il cibo influenza direttamente in maniera negativa il prezzo degli alimenti e l’inflazione?
Fonti: Wall Street journal, Financial Times, ilSole24Ore, Tradingeconomics.com.