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La cancellazione del debito TOPIC: POLITICA MONETARIA

Autore: Simone Nosotti, Asset Management, Risk Senior Associate


Le parole del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli pronunciate prima delle festività hanno acceso un dibattito politico che ha interessato soprattutto l’Italia. Dibattito che è stato velocemente archiviato con le parole della governatrice della Banca Centrale che ha dichiarato la proposta come incompatibile con i Trattati europei. I Trattati ed in particolare il Trattato sul funzionamento dell’Ue è posto a salvaguardia di due principi fondamentali che sono l’asse portante del sistema monetario moderno: l’indipendenza della banca centrale e il controllo dei prezzi.Un eventuale cancellazione del debito comporterebbe una perdita in conto capitale per la banca centrale che dall’oggi al domani vedrebbe cancellati trilioni di assets acquistati nell’ambito dei vari Qe. La BCE a questo punto avrebbe sostanzialmente compiuto una monetizzazione del debito, avrebbe permanentemente rilasciato alle banche ordinarie una quantità di moneta pari al valore del debito cancellato. Come la letteratura economica suggerisce un aumento permanente e non temporaneo (Qe) potrebbe generare una dinamica inflattiva difficile da controllare, un rischio che l’Italia non può permettersi di correre anche con un condono del 20% del suo debito.

La cancellazione inoltre lascerebbe l’unione monetaria senza difese qualora l’inflazione dovesse aumentare, non avendo titoli o meno titoli in portafoglio, non potrebbe ritirare la base monetaria in eccesso. Questa operazione in aggiunta creerebbe ulteriori problemi alla banca centrale in quanto se questo “sconto” dovesse essere accordato solamente ad un paese, inevitabilmente e giustamente anche gli altri pretenderebbero a loro volta uno sconto sul loro debito. Già a questo punto l’indipendenza e la credibilità della Banca Centrale sarebbero messe fortemente in discussione.



Come detto in precedenza la BCE fronteggerebbe una perdita dal lato degli attivi che porterebbe il patrimonio netto ad essere negativo. Secondo alcuni accademici ed osservatori questa eventualità è percorribile, ma esistono pochi esempi storici a sostegno di questa tesi. Il generale parere della comunità accademica è che una Banca Centrale con patrimonio netto negativo minerebbe la sua credibilità e la fiducia che gli operatori ripongono nel suo operato. La credibilità della Banca Centrale è una delle condizioni necessarie ma non sufficienti per mantenere una dinamica stabile dei prezzi, come dimostrato dalla letteratura esiste una correlazione tra inflazione ed indipendenza della banca centrale. Per restaurare in un secondo momento la credibilità ed indipendenza della Banca Centrale è necessario ricapitalizzarla ovviamente per un ammontare pari agli assets cancellati dal lato degli attivi, facendo riemergere la stessa quota di debito precedentemente eliminata. In aggiunta, una situazione che si configurerebbe a tutti gli effetti come una ristrutturazione del debito verosimilmente avrebbe un impatto considerevole sul costo del debito, in quanto gli operatori inizierebbero a chiedersi se effettivamente (nel caso dell’Italia in particolare) il debito è sostenibile.


Fonte immagine: www.michaelwest.com

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