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Istituti finanziari e nuova definizione di default: dubbi e implicazioni TOPIC: BANK
Autore: Kevin Stambazzi, Asset Management, Director of Rebalancing Desk
Le istituzioni finanziarie rivestono un ruolo di fondamentale importanza nell’economia europea e questo ha portato il legislatore negli anni ad adottare una serie di norme che consentissero di garantire la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario. In particolare, le banche nell’esercizio della propria attività caratteristica sono tenute a seguire stringenti requisiti patrimoniali-organizzativi con il fine di assicurare che l’istituto rimanga in salute.
Gli interventi più importanti da parte del legislatore europeo scaturiscono dai frameworks elaborati dal comitato di Basilea nel corso degli anni.
Nell’ambito dei requisiti patrimoniali, dal 1° gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova definizione di default prevista dal Regolamento europeo relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (articolo 178 del Reg. UE n. 575/2013). La nuova definizione, che riguarda il modo con cui le singole banche e intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali introduce criteri che risultano, in alcuni casi, più stringenti rispetto a quelli finora previsti.
La nuova normativa prevede che, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali minimi obbligatori per le banche e gli intermediari finanziari, i debitori siano classificati come deteriorati al ricorrere di almeno una delle seguenti condizioni:
a) il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni (in alcuni casi, ad esempio per le amministrazioni pubbliche, 180) nel pagamento di un’obbligazione rilevante;
b) la banca giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alla sua obbligazione.
La condizione b) è già in vigore e non cambia in alcun modo. Per quanto riguarda la condizione a), un debito scaduto va considerato rilevante quando l'ammontare dell’arretrato supera entrambe le seguenti soglie:
i) 100 euro per le esposizioni al dettaglio e 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio (soglia assoluta);
ii) l'1 per cento dell’esposizione complessiva verso una controparte (soglia relativa).
Superate entrambe le soglie, inizia il conteggio dei 90 (o 180) giorni dopo i quali il debitore è classificato in stato di default.
L’entrata in vigore di questa nuova definizione di default ha destato non poche preoccupazioni tanto che le parti sociali hanno espresso una “comune preoccupazione” per gli effetti economico e sociali che potrebbe avere; effetti che potrebbero essere esacerbati dall’attuale crisi dovuta alla pandemia globale. Infatti, essi ritengono che “tali normative risultano sproporzionate, inadeguate ed inopportune' poiché mettono a rischio l'accesso al credito di imprese e famiglie e compromettono le prospettive di recupero dell'economia italiana ed europea”.
Per stemperare il clima di preoccupazione che circonda la nuova definizione di default, la Banca d’Italia, ha ritenuto necessario fugare i dubbi attraverso delle Q&A che ricoprono i principali dubbi. In particolare, l’autorità bancaria spiega che la nuova definizione veniva giù utilizzata da diversi istituti finanziari e che quindi essa non rappresenta un cambiamento improvviso.
Inoltre, spiega che, nonostante in certe situazioni essa rappresenta una regola più stringente rispetto a quella precedente, alle banche è comunque lasciata una certa discrezionalità prima di comunicare lo stato di “sofferenza” alla Centrale Rischi e non è pertanto un meccanismo automatico che riduce l’accesso al credito a soggetti che si trovano solo temporaneamente in crisi di liquidità.
Tuttavia, il recente aggiornamento della definizione di default potrebbe creare qualche problema in termini di credit crunch in quanto gli istituti potrebbero essere obbligati ad effettuare maggiori accantonamenti di risorse dovuti alle regole più stringenti.
fonte immagine: www.wired.it