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I Millennials stanno cambiando l’industria finanziaria e il merito è delle Fintech TOPIC: TECHNOLOGY
Autore: Francesco Vitti, Asset Management, Equity Research Junior Associate
Sebbene la pandemia da COVID-19 abbia causato una recessione globale, nel 2020 le imprese quotate sui mercati americani, hanno raccolto in totale 3,7 trilioni di dollari, una cifra record per il settore finanziario.
Particolarmente sorprendenti sono state le offerte pubbliche iniziali, o IPO dall'inglese Initial Public Offering, che permettono alle società di quotarsi su mercati regolamentati, che solamente nel 2020 hanno raccolto 78 miliardi di dollari in USA.
La maggior parte delle nuove aziende quotate è composta da startup operanti in ambito farmaceutico, tecnologico e finanziario, che sfruttano momenti di crisi come questo per raccogliere capitali da investire nello sviluppo delle loro attività, nella speranza di poter essere profittevoli nel medio periodo.
Le recenti opportunità date agli investitori dai mercati finanziari hanno evidenziato una crescita nell’utilizzo di strumenti finanziari digitali da parte dei millennials, nati tra il 1980 e il 2000, che negli Stati Uniti possiedono circa il 7% della ricchezza totale. La percentuale è di molto inferiore al 25% dei baby boomers, nati durante il boom economico successivo alla Seconda Guerra Mondiale, nella stessa fascia di età presa in considerazione.
Merryl Lynch, una banca, stima che nel periodo 2015-2030, la capacità di guadagno dei millennials aumenterà del 75% e che gli asset che erediteranno dalle generazioni precedenti alle loro saranno pari a circa 42 trilioni di dollari nel 2042, grazie ad un aumento della popolazione in età pensionabile.
Sarebbe sbagliato credere che i millennials investiranno i loro asset come i loro predecessori. Modifiche al sistema pensionistico ed un rapido avanzamento tecnologico, spingono gli appartenenti a questa generazione a cercare guadagni più veloci ed ugualmente sicuri, grazie alle conoscenze disponibili su internet ed alle enormi communities di investitori formatesi su social come TikTok ed Instagram.
Charles Schwab, E*Trade, Fidelity e TD Ameritrade, big four di operatori di trading retail, hanno tagliato a zero le loro commissioni nel 2019 a causa di competitors come CashApp, Robinhood e Coinbase, che con le loro commissioni nulle e servizio immediato permettono di negoziare azioni, bond, opzioni e fondi di ogni tipo. I wealth manager di Accenture, un colosso della consulenza tecnologica, prevedono di perdere circa il 35% dei loro clienti entro il 2040 a causa dell’avanzamento tecnologico dei servizi di investimento passivo.
Il 2021 si prospetta un anno roseo per nuove IPO di questo tipo: vedrà Robinhood, che negozia principalmente titoli americani quotarsi ad un valore stimato 20 miliardi di dollari, aiutata da Goldman e sarà preceduta da Coinbase, che si occupa di criptovalute, il cui valore stimato è di 28 miliardi di dollari.
Ma le IPO potrebbero essere solo l’inizio per determinare la loro capitalizzazione: Square Inc., player dei pagamenti virtuali e proprietaria di CashApp, che permette di investire i propri risparmi, ha raggiunto una capitalizzazione di circa 80 miliardi di dollari nel 2020.
Le aspettative di utilizzo per suddetti servizi sono costantemente riviste a rialzo: secondo Black Rock, che si occupa di asset management, quattro millennials su cinque che sono a conoscenza di queste tecnologie sono inclini ad un loro utilizzo.
Altri sono meno ottimisti: Michael J. Burry, fondatore di Scion Capital Management, (un hedge fund che nel 2008 divenne famoso per lo short-selling verso il mercato immobiliare e dalla cui vicende è stato tratto il film “La Grande Scommessa” del 2015), vede nel Passive Investing una bolla, a causa della crescita esponenziale di titoli tecnologici e non solo, resa possibile anche dalla facilità di accesso ai mercati finanziari concessa da questi strumenti, che lasciano spazio a forti speculazioni.
Il timore da parte di investitori fedeli ad una valutazione intrinseca dei titoli negoziati (i value investors, tra cui lo stesso Burry rientra) è che le azioni stiano raggiungendo un prezzo lontano dal loro valore reale, potendo portare ad una bolla simile a quella del 2001 avvenuta nel settore tecnologico, la Dot-Com crash.
Le prospettive future lasciano intendere che commissioni nulle, algoritmi e cripto-valute sono qui per restare ed anche i pionieri di queste tecnologie ne sono convinti: nel Febbraio 2020, Justin Sun, ventinovenne cinese fondatore di TRON, che si occupa di blockchain, ha pagato 4,57 milioni di dollari ad un’asta per beneficenza con in palio una cena con il leggendario investitore Warren Buffet, per discutere con lui le possibilità di applicazione dei bitcoin e della tecnologia a cui lavora la sua azienda.
fonte immagine: barrons.com