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Europa, Italia e Stati Uniti, tre scenari monetari molto differenti tra loro

Autore: Simone Nosotti, Content creator.


Il biennio 2022-2023, con il normalizzarsi della situazione pandemica, ci restituirà un’immagine più chiara sul quadro inflazionistico globale. Per quanto riguarda il mondo occidentale come già discusso negli articoli precedenti, potrebbero esserci presenti dei segnali che suggeriscono un lieve aumento dell’inflazione strutturale. In questo contesto, #Stati Uniti e #Europa oggi presentano sostanziali differenze che hanno motivato due azioni da parte dei banchieri centrali molto diverse tra loro. Se la #FED ha già avvertito il mercato di possibili rialzi dei tassi nel corso dell’anno, la #BCE temporeggia, forte di un’inflazione non così alta come negli #States.

Ora veniamo ai possibili mutamenti strutturali, dal lato costi di impresa, che potrebbero generare un aumento inflazionistico più persistente:

  • Mercato del lavoro: discorso che riguarda quasi esclusivamente gli #USA, dopo un programma di aiuti nel corso della prima ondata (sussidi di disoccupazione), forse fin troppo generoso, gli States oggi rilevano un tasso di disoccupazione del 3,9%, a fronte di circa 10 mln di job openings. Una condizione che ha costretto le aziende ad alzare i salari per attirare nuovi lavoratori (figura 1);

  • Prezzo dei durable goods: per la prima volta dopo 20 anni i durable goods sia in Europa (figura 3) che negli Stati Uniti (figura 2) hanno osservato un incremento dei prezzi. Essendo circa tra il 10/12% della spesa del consumatore incidono sostanzialmente sull’inflazione, soprattutto con tassi di crescita così alti. Il tema è e sarà verificare se questa crescita dei prezzi è solamente dovuta ai problemi di produzione/trasporto nelle supply chain o sono in corso anche cambiamenti strutturali (punto seguente);

  • Salari nei paesi coinvolti dalla globalizzazione: la produzione dei durable goods oltre che aver beneficiato di un epocale miglioramento tecnologico, ha beneficiato delle condizioni salariali favorevoli in Cina, Pakistan ecc. Un processo di rivendicazioni salariali porterebbe ad un aggravio dei costi di produzione;

  • La catena del valore non si riprenderà e non tornerà ai livelli pre-crisi. La catena del valore mondiale rimarrà congestionata, generando ritardi e di conseguenza un ulteriore aggravio di costi;

  • Incremento dei prezzi energetici dovuti alla transizione verde, come già trattato in precedenti articoli la conversione comporterà un aggravio dei costi energetici.

Confronto USA, Europa (Eurozona, dove possibile) e Italia

Partendo dalla figura 4, notiamo immediatamente come sono gli Stati Uniti ad essere in una posizione più complicata che richiede un intervento monetario immediato. Su base annuale nel 2021 l’inflazione totale (CPI) si attesta al 4,5% con un’inflazione core al 3,5% (figura 4-5). In Europa e soprattutto in Italia possiamo osservare come buona parte dell’inflazione sia spiegata dai rincari dei prezzi energetici. Questa profonda differenza sia in termini quantitativi (USA, l’inflazione annualizzata di dicembre è al 7,0%, mentre in Italia è al 4,0%) sia in termini qualitativi (il divario tra inflazione core e inflazione totale negli States è più lieve), spiega il comportamento differente di FED e BCE.

Ora veniamo più precisamente alle differenze (per il confronto seguente si è utilizzata la classificazione COICOP, figure presentano inflazione mensile annualizzata CPI):

  • Sui primi tre grafici (figura 6-7-8), negli USA la parte del leone la fa il CPI 07 Transport (in marrone, figura 6) che include l’acquisto di autoveicoli, motoveicoli (durable goods), spese per manutenzione, mantenimento di quest’ultimi e soprattutto carburante. Anche in Italia e Germania giocano un ruolo importante nello spiegare l’inflazione (figura 7-8). Ad ogni modo, tutti e tre i paesi hanno avvertito un incremento di questa componente che storicamente ha giocato un ruolo in termini assoluti meno importante;

  • È guardando più dettagliatamente il capitolo CPI 04 Housing ,water eletricity and gas che emergono sostanziali differenze anche tra Germania e Italia. Questo capitolo che include le spese relative alla casa, rivela che negli USA (figura 9) è legato quasi interamente all’aumento degli affitti. Mentre in Italia (figura 10) è spiegata interamente dai rincari energetici luce e gas. Anche in Germania (figura 11) il discorso è simile, ma è intervenuto e sta intervenendo anche un aumento degli affitti.

Concludendo, osservando più da vicino l’aumento inflazionistico osservato negli ultimi mesi, la situazione sembra essere maggiormente sotto controllo in Europa; negli Stati Uniti, invece, come evidenziato dall’inflazione core, il tasso di crescita dei prezzi ha motivato la tempestiva discesa in campo della FED. Sul medio-lungo periodo resta da capire, come menzionato precedentemente, se ci sono le condizioni per un aumento strutturale dell’inflazione





Figura 1



Figura 2



Figura 3


Figura 4



Figura 5


Figura 6


Figura 7


Figura 8


Figura 9



Figura 10



Figura 11



Riferimenti

Fonte articolo:

https://www.oecd.org

https://www.ft.com

https://fred.stlouisfed.org


Fonte immagini:

https://www.ft.com (Figura 1)

https://fred.stlouisfed.org (Figure 2-3)

https://www.oecd.org (Figura 4-5)

Dati per immagini successive:

https://www.oecd.org


Hastag:

#monetarypolicy #inflation #FED #ECB #supplychain

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