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Come i regolatori britannici, tedeschi e australiani si stanno unendo contro le Big Tech


Autore: Davide Gaino, M&A Junior Associate


In una dichiarazione congiunta hanno affermato che la pandemia non è una scusa per approvare fusioni e acquisizioni

I regolatori antitrust inglesi, tedeschi e australiani hanno recentemente lanciato un attacco unificato contro il dominio dei giganti di Internet, avvisando che la pandemia non è una scusa per fare approvare deals. I tre regolatori, che sono stati globalmente in prima linea nei tentativi di tenere a freno le grandi aziende tecnologiche come Facebook e Google, hanno affermato che la pandemia ha accelerato la concentrazione del potere nelle mani di pochi e hanno avvertito che avrebbero assunto una visione sempre più scettica sui nuovi accordi. In un evento virtuale, il capo dell'autorità britannica per la concorrenza e i mercati, Andrea Coscelli, ha dichiarato di aspettarsi "un'enorme pressione" da parte delle aziende che citano la necessità di ricostruire dopo la pandemia come leitmotiv per giustificare nuove fusioni e investimenti. Coscielli ha riferito che è pienamente consapevole del fatto che stiamo attraversando una situazione economica estremamente difficile anche se è sempre interessante che vengano proposti nuovi piani di investimento. Tuttavia, si tratta di avere strutture di mercato che offrano ai consumatori risultati giorno dopo giorno migliori. I regolatori spingono per evitare che la pandemia venga utilizzata per determinare un allentamento degli standard rispetto ai quali vengono valutate in ultima analisi le fusioni. Nel 2019 l'ufficio del cartello tedesco, il Bundeskartellamt, ha preso di mira direttamente il modello di business di Facebook bloccando il tentativo della società di condividere i dati degli utenti senza il loro consenso. Nel frattempo, l'Australia si è recentemente mossa per costringere i giganti della Silicon Valley come Facebook e Google a pagare per l’acquisizione delle informazioni e la CMA ha intrapreso battaglie antitrust contro Google e Apple. Rod Sims, presidente della Australian Competition and Consumer Commission, ha affermato che l'Australia ha grossi problemi con le politiche rivolte al digitale sul quale la maggior parte delle piattaforme on-line ha costruito la propria posizione di forza attraverso nuove acquisizioni. Le aziende hanno chiaramente un incentivo ad acquisire imprese, a guadagnare potere di mercato e a far salire i prezzi, tuttavia, solo recentemente i regolatori hanno a disposizione un’opera di conoscenza, spesso sviluppata dai consulenti delle società coinvolte nelle operazioni straordinarie, che suggerisce che le fusioni non sono sempre ottimali e che una visione contraria danneggerebbe l’economia. I regolatori hanno affermato che, in primo luogo, la pandemia ha inasprito le tendenze di concentrazione pericolosa e conseguentemente ha creato una prospettiva sempre più scettica sui benefici dei legami. Andreas Mundt, capo dell'ufficio del cartello tedesco, ha dichiarato: “Eravamo già alle prese con gli ecosistemi delle piattaforme, con i gatekeeper digitali e con l'effetto che hanno sull'economia e l'antitrust, ma ovviamente la pandemia è stata un acceleratore e abbiamo visto che GAFA [Google, Apple, Facebook e Amazon] è stato un vincitore durante questa crisi". Coscelli ritiene che le autorità di regolamentazione globali in passato abbiano anche approvato fusioni che successivamente hanno causato risultati dannosi nei mercati, inclusa la contabilità, dove dominavano le Big Four - Deloitte, KPMG, EY e PwC. Il regolatore ha citato l’acquisto da parte di Google della società di pubblicità online Double Click, avvenuta nel 2007, per riferirsi al fatto che quando si guarda ai mercati spesso ci si rende conto che sono state completate fusioni che in realtà non sarebbe dovute accadere. In un altro avvertimento alle aziende, i regolatori hanno affermato che sono sempre meno propensi ad accettare le promesse da parte delle società di cambiare il loro comportamento. In passato, le autorità di regolamentazione globali hanno accettato rimedi comportamentali e strutturali da gruppi che cercavano di portare a termine una fusione. A riguardo Sims ha ricordato che questi rimedi comportamentali richiedono alle aziende di fare qualcosa che non hanno interesse a fare e che spesso e volentieri le iniziative comportamentali non si sono dimostrate all’altezza delle aspettative rivelandosi strumenti difettosi. Le sue parole arrivano immediatamente dopo il rifiuto, da pare dell’ACCC, della promessa di Google di adottare una serie di “rimedi comportamentali” a seguito dell’autorizzazione, avvenuta a dicembre, dell’acquisizione da parte del colosso della Silicon Valley della società tecnologica Fitbit.

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