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Attivi del bilancio della Fed VS capitalizzazione S&P 500, esiste davvero una correlazione?

Aggiornamento: 8 apr 2020


L'immagine a lato l’andamento del totale degli attivi del bilancio della Fed (linea bianca) confrontandolo con la capitalizzazione di borsa del S&P 500 (linea rossa). Si può notare che l’andamento dei due indicatori sia quasi sovrapponibile da inizio periodo fino a fine febbraio 2020. Da cosa è dovuta questa variazione nel loro trend?

Per spiegare quanto espresso sopra occorre comprendere il significato di Quantitative Easing a cui è strettamente legata la dimensione degli attivi nel bilancio di una banca centrale.

Il Quantitative Easing è una forma di politica monetaria espansiva con cui una banca centrale inietta liquidità nel sistema finanziario ed economico tramite l’acquisto di alcune categorie di asset. Si viene così a creare nuovo denaro che viene utilizzato per finanziare nuove manovre statali e servizi. In parole più semplici: 1) La banca centrale crea nuova moneta; 2) la moneta viene utilizzata dalla banca centrale per l’acquisto di titoli o strumenti finanziari; 3) il prezzo dei titoli sale e il loro rendimento scende; 4) l’acquisto dei titoli aumenta la liquidità complessiva del sistema; 5) i tassi di interesse vengono abbassati.

In questo modo viene aumentata l’offerta di moneta e, con il calo dei tassi, ridotto il costo del debito, incentivando gli investimenti nell’economia reale e quindi la ripresa dell’economia. Nel momento in cui il nuovo denaro riesce ad arrivare nelle mani dei consumatori che lo spendono, l’economia riesce a girare e l’obiettivo viene finalmente raggiunto. Gli effetti benefici del Quantitative Easing sono solitamente osservabili a livello del mercato azionario per l’incentivo che viene dato agli investitori verso l’acquisto di strumenti più rischiosi, ma potenzialmente più remunerativi.

Analizzando l’evoluzione storica dei principali indici azionari globali è ben visibile l’efficacia del Quantitative Easing nel supportare le quotazioni, e l’effetto è stato particolarmente evidente nel corso del 2019, anno in cui i mercati azionari hanno registrato una fase di crescita (Toro) molto pronunciata nonostante tutte le principali economie globali iniziassero a manifestare i primi segnali di rallentamento o stagnazione. Con l’esplosione dell’emergenza Covid-19 e il conseguente crollo repentino dei mercati azionari, le banche centrali forti dell’esperienza acquisita nelle precedenti crisi finanziarie hanno riadottato una politica di Quantitative Easing e di espansione dei loro attivi di bilancio massiccia. Tale intervento però non sta dando i risultati sperati, perché questa al contrario delle precedenti non è una crisi di carattere meramente finanziario, ma contenente un forte fattore sanitario e psicologico. Infatti, durante una pandemia come quella in corso, i soldi messi nel sistema dalle banche centrali non vengono spesi dai consumatori finali che, in una condizione di quarantena, e con il morale fiaccato dalla minaccia incombente del virus, pensano esclusivamente alla sopravvivenza e a consumare soltanto quanto necessario per vivere (cibo,..).

I mercati finanziari sono ben consapevoli di ciò e continueranno il loro corso a ribasso fintanto che non inizieranno a manifestarsi segnali concreti di stabilizzazione o di regresso della pandemia. Oltretutto con il prezzo del petrolio così basso, tutti gli Stati e le imprese produttrici non riescono a raggiungere il Break-even point rischiando fallimenti a valanga. Allora se dovesse durare ancora a lungo ci potrebbero essere conseguenze geopolitiche e geoeconomiche.

QUALI POTREBBERO ESSERE LE VIE DI USCITA?...


Autore: Marco Amoroso

Con la collaborazione di Marco Tognoni


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